Mi diletto a inventare dolci esuberanti, sia per la combinazione di ingredienti sia negli impiantamenti, posso tutelarmi con qualche forma di esclusiva?
La tutela della proprietà intellettuale applicata all’arte culinaria è un vero rompicapo per il quale si trovano le opinioni più disparate. Il concetto di ricetta sfugge sia alla definizione normativa di ciò che può essere oggetto del diritto di autore, come opera dell’ingegno di carattere creativo. Neppure pare potersi applicare il concetto di brevetto in quanto implica un’invenzione atta ad avere un’applicazione industriale. Non si parli poi dei precedenti in giurisprudenza che sono rarissimi e non danno alcun orientamento chiaro. Ma è forse proprio concettualmente difficile immaginare una tutela davvero piena per quella che è senza dubbio una delle attività dove la creatività è centrale. Una protezione reale, per essere tale, deve permettere al solo inventore di un piatto originale di poterlo realizzare in quel modo, di chiamarlo per nome e di sfruttarlo economicamente. Questa protezione ben si adatta ad un capo di abbigliamento o ad uno smartphone, ma pensando ad una torta artigianale, per esempio, le cose cambiano. La componente organolettica soggettiva, le variazioni decisive date dalla modifica anche di un solo ingrediente, il fatto che potenzialmente sia possibile riprodurre il prodotto anche a livello domestico, sono tutte peculiarità che spostano gli orizzonti rispetto ad un normale prodotto industriale. Dunque non pare ancora definibile un vero e proprio diritto d’autore del piatto. In ogni caso, a patto di essere veramente gli ideatori originali, le uniche forme atte a garantirsi un minimo di tutela per il proprio prodotto culinario artigianale mi sembrano l’ideazione e l’associazione immediata di un marchio distintivo (in modo tale che in caso di successo nessuno potrà identificare un prodotto simile con lo stesso marchio) o la pubblicazione di un ricettario (che avrà la tutela dell’opera intellettuale letteraria).