L’azienda dove lavoravo è fallita lasciandomi a casa senza il pagamento di alcuni stipendi e senza liquidazione. E’ possibile che recuperi qualcosa? Il caso è tristemente frequente in questi anni, un po’ per la crisi, un po’ per l’abuso dell’istituto e delle manovre talvolta fraudolente a danno dei creditori che certe aziende non esitano a porre in essere. Nel fallimento il credito del lavoratore è comunque tra maggiormente privilegiati nel pagamento a condizione che vi sia attivo da dividere. Non tutti sanno però che esiste il Fondo Inps di garanzia del TFR e dei crediti di lavoro che soccorre in tutto o in parte (ma spesso in modo risolutivo) anche in queste situazioni.  Il Fondo è stato istituito con l’articolo 2, legge 29 maggio 1982, n. 297, per il pagamento del TFR in sostituzione del datore di lavoro insolvente. Il Fondo interviene anche per le retribuzioni maturate negli ultimi tre mesi del rapporto. Quindi nei limiti delle prestazioni di cui sopra non occorre attendere la fine del fallimento. Il primo passo è fare domanda di ammissione al passivo, magari con l’ausilio di un patronato o di un legale. Quando vi sarà lo stato passivo esecutivo si potrà inoltrare domanda all’Inps, corredata da una serie di documenti, presso la sede territorialmente competente, esclusivamente in via telematica, ancora una volta con l’avvocato o il patronato.  Per la richiesta del TFR la prescrizione è di cinque anni, mentre per gli ultimi tre retei di retribuzione è di un anno. Normalmente Inps paga entro 60 giorni dalla domanda correttamente istruita.  Contro il rigetto della domanda si può ricorrere in via amministrativa entro 90 giorni, trascorsi inutilmente i quali si può proporre azione giudiziaria entro il termine di decadenza di un anno. Se il credito è superiore a tre stipendi, per quanto non coperto da Inps, il lavoratore potrà ancora confidare in un eventuale riparto in sua favore nel fallimento.