Siamo una coppia di fatto convivente e vorremmo dare garanzie alla nostra relazione, quali sono le alternative al matrimonio? Dal 2016 sono istituite l’unione civile tra persone dello stesso sesso e la convivenza di fatto di persone di stato libero, senza distinzione di sesso, registrata all’anagrafe. L’unione civile offre più garanzie avendo molte affinità con il matrimonio. La legge n. 76 del 2016 recita “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”. Questa clausola generale comporta parificazione sostanziale al matrimonio tradizionale nelle garanzie circa gli aspetti del diritto di famiglia, successori, fiscali e del lavoro con regime patrimoniale di comunione dei beni salva diversa opzione. Differiscono dal matrimonio il modo di costituzione, l’uso del cognome e l’assenza dell’obbligo di fedeltà. La dichiarazione di stabile convivenza all’anagrafe, in aggiunta al dovere di assistenza e contribuzione reciproca, consente solo le seguenti tutele comuni a matrimonio ed unione civile: permessi per gravi infermità, congedi per motivi familiari, il diritto abitazione sulla casa familiare (limitato però da 2 a 5 anni) in caso di decesso del convivente, la successione nel rapporto di locazione. I conviventi sono sempre in separazione dei beni pura salvo che stipulino un contratto di convivenza, avanti a notaio o avvocato, nel quale si possono regolare anche modalità di contribuzione reciproca ed altri importanti elementi. Le coppie di fatto non hanno alcuna tutela successoria, mancanza a cui si può rimediare in parte facendo testamento per la quota disponibile non riservata agli eredi necessari, o istituendo un trust.