ippnositerapeutica
In argomento nel ns paese ci troviamo di fronte ad un vero e proprio limbo normativo. Invero la figura dell’ipnoterapeuta:
-non è regolamentata direttamente con disposizioni normative ma se ne ricava normalmente una disciplina di risulta da norme del codice penale che vietano talune condotte incriminandole;
-nella prassi la figura dell’ipnoterapeuta è associata solitamente alla figura del medico iscritto all’ordine o dello psicoterapeuta, quale particolare specializzazione/strumento d’esercizio della professione sanitaria esercitata;
-Non soccorre in proposito – in special modo quando si consegue un diploma al di fuori dell’UE, ad esempio in Svizzera – la direttiva Europea COM(2002) 119, in ogni caso non attuata concretamente dalla legislazione nazionale.
La prima norma che viene solitamente in questione in materia è l’art. 728 del codice penale (Trattamento idoneo a sopprimere la coscienza o la volontà altrui) afferma che: “Chiunque pone taluno, col suo consenso, in stato di narcosi o d’ipnotismo,o esegue su lui un trattamento che ne sopprima la coscienza o la volontà,è punito, se dal fatto deriva pericolo per l’incolumità della persona, con l’arresto da uno a sei mesi o con l’ammenda da Euro 30,00 a 516,00. Tale disposizione non si applica se il fatto è commesso, a scopo scientifico o di cura, da chi esercita una professione sanitaria.”;
L’interpretazione del sopradetto articolo del Codice Penale porta ad evidenziare i seguenti elementi:
-L’art. 728 tutela il bene giuridico dell’incolumità individuale delle persone che verrebbero così poste in stato di incoscienza o trance transitoria dall’agente;
-Le condotte punibili in parte specificate ed in parte previste in forma generica, in ogni caso le fattispecie sono poste in rapporto di alternatività tra loro. In via specifica è prevista la, somministrazione di alcool, di stupefacenti (cd stato di narcosi) e l’ipnotismo. In via generica l’esecuzione di un trattamento che sopprima coscienza e volontà, una forma di condotta a contenuto libero che di fatto racchiude tutte le possibili condotte che possono portare ad una stato similare.
-il presupposto giuridico dell’operatività della detta norma è il consenso della persona posta le cui volontà e coscienza vengono soppresse. Questo dato porta la fattispecie ad essere qualificata come contravvenzione punita ai sensi dell’articolo in esame, in difetto la stessa fattispecie sarebbe punita con la più grave figura delittuosa di cui all’art 613 cp.
-ulteriore elemento qualificativo dell’azione punita è rappresentato dal periodo “se dal fatto deriva pericolo per l’incolumità della persona”. Un pericolo che deve essere concreto ed effettivamente corso – non solo a livello potenziale – ed è attinente alla compromissione dell’integrità psico-fisica;

Dalla disamina dell’art. 728 c.p. si può ragionevolmente affermare che questa disposizione normativa punisce una fattispecie ben determinata e circostanziata, in tal senso se- come da taluni viene sostenuto – l’ipnosi non è in grado di generare pericolo concreto per l’integrità psicofisica delle persone che consensualmente vi si sottopongono, sarebbe penalmente legittimo – sotto questo profilo trattandosi di reato ad evento – da parte di chiunque ne sia capace di operare attraverso l’ipnosi su persona consenziente.
Entra però in gioco, in seconda analisi, il comma II° dell’art. 738 cp (……”Tale disposizione non si applica se il fatto è commesso, a scopo scientifico o di cura, da chi esercita una professione sanitaria.”). Da questo comma – il cui contenuto di fatto scrimina la medesima condotta posta in essere da figure ben precise con scopi specifici (scientifici/di cura) – si è tratto argomento, anche in giurisprudenza, per limitare l’esercizio legittimo dell’ipnosi, a livello terapeutico e scientifico a coloro, medici regolarmente abilitati ed iscritti nel correlativo albo.
La seconda norma che rileva in materia è infatti l’art 348 cp che sancisce che “Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 103 a euro 516.”. A tal proposito sempre la Corte di Cassazione ha chiarito espressamente che : “è tale chi è sfornito del titolo richiesto (laurea, diploma) o non ha adempiuto alle formalità prescritte come condizione per l’esercizio della professione (es. iscrizione all’albo) o ne è stato sospeso o interdetto”.
La Corte Suprema di Cassazione (con la sentenza numero 34200 del 20/06/2007, che tutt’oggi rappresenta uno dei più importanti precedenti) ha affermato – sul tema della possibile integrazione del reato tramite tipologie di attività svolte dai non esercenti la professione medica -l’esistenza di un quadro interpretativo che “ ha annoverato tra le attività di esclusiva competenza dei medici la chiropratica, i agopuntura, i massaggi terapeutici, l’ipnosi curativa, la fitoterapia, l’idrologia”. Nel corpo della sentenza in parola si afferma altresì – ad ulteriore chiarimento- che sono riservate a professionisti abilitati secondo la legge quelle attività che importino “ scelte e valutazioni di carattere diagnostico, tipiche dell’atto medico (Sez. 6^, 3 aprile 1995, Schirone). Sulla stessa linea si è affermato, in relazione alla professione medica che si estrinseca nella capacità di individuare e diagnosticare le malattie, nel prescriverne la cura, nel somministrare i rimedi anche se diversi da quelli ordinariamente praticati, che commette il reato di esercizio abusivo della professione medica chiunque esprima giudizi diagnostici e consigli, ed appresti le cure al malato; precisandosi che da tale condotta non è esclusa la psicoterapia, giacché la professione in parola è caratterizzata dal fine di guarire e non già dai mezzi scientifici adoperati: onde, qualunque intervento curativo, anche se si concreti nell’impiego di mezzi non tradizionali o non convenzionali da parte di chi non sia abilitato all’esercizio, integra il reato previsto dall’art. 348 c.p”. Questa pronuncia rappresenta l’ultimo riferimento attuale in ordine di tempo, rispetto alle pratiche di cosiddetta medicina alternativa, intervenendo in maniera drastica su un tema che i Tribunali avevano diversamente trattato in alcune sentenze talvolta – invece- aprendo la porta alla possibilità di esercizio di alcune cure – omeopatia e iridologia su tutte – da parte dei non-medici (trib Bolzano 21/5/2005), talvolta configurando il reato di abusivo esercizio della professione anche in questi casi (Trib reggio Emilia 04/06/2004).
Il Codice di Deontologia Medica del 1978 imponeva ai medici di “ispirarsi alle conoscenze scientifiche” (art. 4), di “non diffondere notizie di procedimenti diagnostici o di trattamenti terapeutici non sottoposti ad adeguata sperimentazione ed a rigoroso controllo scientifico” (art. 18), di impegnarsi nello “aggiornamento continuo delle proprie conoscenze in campo diagnostico e terapeutico” (art. 21), di “non favorire in qualsiasi modo chi esercita abusivamente un’attività sanitaria ivi compresa l’ipnosi-terapia” (art. 93).
Ultimo riferimento che si cita nella presente sede è quello dell’art.128 del Regolamento del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza consente «l’autorizzazione da parte del medico provinciale» a « trattenimenti di ipnotismo “, laddove l’autorizzazione è indirizzata a chi non esercita la professione sanitaria, con ciò facendo presumere la liceità dell’ipnosi a titolo di intrattenimento pubblico ma non con finalità scientifico terapeutiche.
L’esame in combinato delle sopradette norme , anche alla luce delle pronunce della giurisprudenza portano ad affermare ragionevolmente che in Italia non è possibile praticare ipnosi terapeutica, senza potenziali e verosimili conseguenze legali negative. In tal senso deve ritenersi che il diritto vivente sancisce che l’esercizio dell’ipnosi a livello diagnostico terapeutico sia prerogativa di medici-chirurghi, psicoterapeuti, donde si può ritenere sconsigliata l’apertura uno studio privato per di ricevere clienti praticando l’ipnosi (si sottintende ipnosi terapeutica o curativa). Anche se di fatto la cosa sarebbe agevolmente realizzabile si reputa alto il rischio, in caso di dissidio con il cliente, di denunce ai sensi dell’Art. 728 cp ovvero esposti per esercizio abusivo della professione all’indirizzo degli Ordini di competenza, con i procedimenti penali che eventualmente ne conseguirebbero.